Il concetto di mindfulness è uno dei concetti più antiche nella tradizione orientale buddhista. Deriva dalla parola “Sati” in lingua Pali, e descrive un atteggiamento caratterizzato da “presenza mentale” grazie al quale si riesce a “guardare” all’esperienza interna così com’è, e non come desideriamo o crediamo che debba essere, in ragione dei nostri condizionamenti mentali. Si tratta di un modo di osservare la propria esperienza che, per secoli, è stato praticato in oriente attraverso varie forme di meditazione. Trae le sue radici storiche dal buddhismo nonostante, nel suo uso clinico, sia stato affrancato dalla sua originaria impostazione religiosa e spirituale. Recenti ricerche nella psicologia occidentale, hanno provato che praticare la mindfulness può avere benefici psicologici importanti (Hayes, Follette, & Linehan, 2004). Attraverso tali tecniche s’impara, infatti, a guardare al proprio dolore, piuttosto che vedere il mondo attraverso di esso. Si passa dal tentativo di modificare l’esperienza interna, di controllarla, di fuggire da essa, a una serie di azioni impegnate, alla base della quale vi è la consapevolezza che “ ci sono molte altre cose da fare nel momento presente, oltre a cercare di regolare i propri contenuti psicologici ”. Nella sua attuale impostazione, il fondatore di quella che è l’attuale impostazione clinica, il biologo Jon Kabat Zinn, la definisce come “ il processo di prestare attenzione in modo particolare: intenzionalmente, in maniera non giudicante, allo scorrere dell’esperienza nel presente momento dopo momento ”. (Kabat-Zinn 1994, p.16). La mindfulness è inoltre definita come la consapevolezza che emerge dal porre attenzione al momento presente sospendendo il giudizio (Kabat-Zinn 2003). Assumere quest’atteggiamento vuol dire vivere l’esperienza interna prestandole attenzione senza giudicarla, accogliendola in modo gentile, accettante, curioso, amorevole e compassionevole. Tutto quello che emerge, nel momento in cui siamo a contatto con la nostra esperienza interna (emozioni, sensazioni, pensieri) è accolto ed osservato con cura assumendo un atteggiamento neutro, e rinunciando, al contempo, ad agire qualsiasi azione o atteggiamento finalizzato a modificarla o controllarla assumendo piuttosto, nei confronti della stessa esperienza, un atteggiamento del “non fare” mentale privilegiando il fare esterno, finalizzato ad azioni che producano effetti positivi sulla propria vita. La mindfulness, in quest’accezione clinica, può essere definita come strategia di regolazione degli stati emotivi, in alternativa ad altre, meno efficaci e funzionali quali l’ evitamento e la soppressione . Consiste in un processo intenzionale, un’abilità frutto di pratica ed esercizio che può essere acquisita e che noi esseri umani non agiamo naturalmente. Due le componenti principali di questo processo: 1) l’abilità di dirigere l’attenzione al momento presente (autoregolazione dell’attenzione); 2) l’attitudine con cui lo si fa, fatta da curiosità, apertura e accettazione (Bishop et al. 2004). Nell’ambito delle terapie di terza generazione, la mindfulness è una delle esperienze cliniche più efficaci attraverso cui conseguire l’atteggiamento nuovo di flessibilità psicologica. L’ACT, infatti, a differenza delle altre forme di terapia, promuove un cambiamento radicale della prospettiva terapeutica. Caratteristica di questo nuovo modello terapeutico “promuovere la costruzione di un ampio e più flessibile repertorio comportamentale piuttosto che puntare esclusivamente alla riduzione o eliminazione delle componenti emotive e fisiologiche legate al normale funzionamento di mente e corpo”. Questo risultato si ottiene appunto attraverso un atteggiamento mindful , che permette di relazionarsi nei confronti dell’esperienza interna, verso la quale si è sempre agito in modo conflittuale e giudicante, in modo diverso, più utile e funzionale agli scopi della persona. L’ACT sposta l’attenzione da tutto ciò che è fuori dal nostro controllo, (l’esperienza interne e glie venti esterni) favorendo l’atteggiamento di accettazionedi questa verità, e puntando invece il proprio impegno ad agire un repertorio di abilità e comportamenti utili a raggiungere i propri scopi, nei limiti di quanto offerto dal contesto.