Tra le patologie che colpiscono le persone "anziane", la Malattia di Alzheimer (AD) è una delle patologie croniche più diffuse. L'evoluzione demografica e il progressivo invecchiamento della popolazione fanno della AD una delle più importanti problematiche di salute pubblica dei prossimi decenni. Si stima, infatti che la prevalenza della demenza, più di 44 Milioni di casi nel mondo ad oggi, è destinata a raddoppiare entro il 2030. Attualmente, l'efficacia dei farmaci disponibili sul mercato è limitata e diretta soprattutto a ridurre l'impatto della manifestazioni problematiche sul benessere dell'individuo e dell'intero nucleo familiare.
La classe dei farmaci anticolinesterasici si è dimostrata particolarmente efficace se e quando il trattamento è intrapreso precocemente, periodo in cui le strutture nervose mantengono ancora un certo livello d'integrità, successivamente tale efficacia si riduce. Nonostante diversi studi abbiano dimostrato maggiori benefici quando il trattamento farmacologico si associa ad uno non-farmacologico.
Cosa indica il termine demenza
Con il termine demenza si è soliti identificare una sindrome clinica caratterizzata dall'impoverimento delle principali funzioni cognitive con importanti ripercussioni sull'autonomia ed il benessere personale. L'attuale manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 5) fa riferimento non più al concetto di demenza bensì a quello di Deficit Neuro Cognitivo Maggiore (DNC) quale "declino cognitivo acquisito delle prestazioni in uno o più domini cognitivi (attenzione, apprendimento e memoria, linguaggio, funzioni percettivo-motorie, cognizione sociale) rispetto ad un precedente livello o prestazione" rilevato basandosi su informazioni ricavate dalla rete di relazioni esistenti (familiari, amici conoscenti e quella del medico), documentato preferibilmente da una valutazione neuropsicologica e indagini strumentali, nonché ulteriori approfondimenti, (Biomarkers, Neuroimaging, Genetic Risk Profiling), così come raccomandato dall' Alzheimer's Association del National Institute on Aging (NIA) e del National Institute of Health (NIH), che nel 2011 hanno pubblicato le nuove linee guida per la diagnosi della malattia di Alzheimer.
Demenza di Alzheimer
La malattia di Alzheimer, che da sola rappresenta il 60% di tutte le demenze, 18 milioni soggetti nel mondo, oltre 500 mila in Italia, 60 mila in Sicilia, coinvolge il 5% di tutta la popolazione ultra sessantacinquenne, con un rapporto di 1:2 uomini e donne, e raddoppia ogni 5 anni, tra i 65 e gli 85 anni; nei soggetti con età maggiore agli ottantacinque anni si attesta, invece, intorno al 40% del totale. Prende il nome di Alois Alzheimer (1864-1915), neurologo attivo ad Heidelberg e poi a Monaco, che ne descrisse tra il 1906 ed il 1911 le principali caratteristiche microscopiche cerebrali. Nel 1906 il Prof. Alzheimer descrisse il caso di una donna di 51 anni, per quel tempo già anziana, con disturbi della memoria e delirio, che presentò poi all'autopsia un quadro molto particolare a livello cerebrale oggi tipico della demenza. La demenza di Alzheimer ha generalmente un inizio insidioso ed un decorso cronico progressivo. Dal momento della diagnosi, l'attesa di vita è di 7-10 anni (dall'insorgenza dei primi sintomi alla morte), la velocità di progressione varia da caso a caso sulla base di specifici fattori quali per esempio l'età di insorgenza. A livello neuropatologico sono riscontrabili lesioni extra ed intra-neuronali a livello della corteccia cerebrale, in misura nettamente maggiore di quelle riscontrabili nelle strutture sottocorticali, mentre l'aspetto neurologico della malattia è caratterizzato da alterazioni delle funzioni cognitive (linguaggio, percezione, prassie, cognizione spaziale, attenzione) soprattutto del substrato anatomico della corteccia cerebrale.
La demenza di Alzheimer si distingue, rispetto ad altre forme di deterioramento demenziale, per un esordio della malattia particolarmente insidioso ed al quale è difficile stabilire una data, per quanto in modo approssimativo ed ampio; le evidenze neuropatologiche appaiono costantemente a specifiche, eterogenee nelle manifestazioni e caratterizzate da elementi che sono spesso comuni con il normale processo di invecchiamento cerebrale (McLoughin e Levi', 1996).
Nel 2005 l'American Alzheimer Association ha pubblicato i 10 campanelli di allarme per la malattia di Alzheimer:
1. Perdita di memoria. La persona spesso dimentica episodi recenti quali appuntamenti, ricorrenze o semplici scadenze che prima non avrebbe mai avuto difficoltà a ricordare;
2. Routine e comportamenti automatici. Può capitare che la persona inizi a svolgere le mansioni quotidiane con difficoltà via via crescente: indossare gli abiti al mattino, preparare il caffè o apparecchiare la tavola;
3. Difficoltà a trovare le parole giuste. Dimenticanze frequenti, parole sulla punta della lingua non sono rare; capita anche se le parole non trovate sono sostituite con parole inusuali o del tutto incomprensibili;
4. Perdita del senso dell’orientamento. Amnesie continue relative al giorno del mese della settimana, smarrimento in luoghi e spazi comuni, confondere il giorno con la notte, sono indizi di un possibile processo neurodegenerativo;
5. Scarsa capacità di giudizio. Vestirsi in maniera inappropriata, indossare abiti pesanti in periodi estivi ed abiti molto leggeri nei mesi invernali sono indici di scarsa capacità di giudizio;
6. Difficoltà di ragionamento e pensiero astratto. Grossa difficoltà nella gestione del denaro e nei calcoli più semplici;
7. Smarrire gli oggetti. Non è strano smarrire oggetti comuni quali chiavi, occhiali, abiti, e ritrovarli nei luoghi più incomprensibili;
8. Sbalzi d’umore. L’umore è soggetto a continui sbalzi d’umore, senza una causa sufficientemente valida cui poter ricondurre il malessere;
9. Cambiamenti di carattere. Il carattere di un tempo non sembra più quello di una volta, ed il cambiamento non è stato graduale nel tempo, bensì repentino;
10.Scarsi interessi e spirito d'iniziativa. Vengono persi ogni tipo di interesse prima presente, aumentano le ore trascorse e letto a dormire o davanti la televisione
Il declino intellettivo della demenza all'inizio si manifesta frequentemente con disturbi della memoria a breve termine, della denominazione e disorientamento spazio-temporale. Nella fase successiva, i disturbi della memoria sono più evidenti, compaiono segni di aprassia, del linguaggio e disturbi dell'attenzione. Se il soggetto, nella prima fase, è in grado di nascondere il proprio stato, nella fase successiva non riesce più a mascherare all’esterno la propria situazione e ne risente anche la continuità lavorativa. Nella fase finale i deficit cognitivi appaiono decisamente gravi:il soggetto presenta disturbi nell'eseguire attività complesse e mostra deficit di riconoscimento, non è più consapevole del proprio stato intellettivo ed in genere della propria malattia ("anosognosia") probabilmente perché non è più in grado di attuare un confronto critico tra il suo stato attuale e quello per lui abituale: antecedentemente alla malattia. La fase ultima è caratterizzata da incapacità nel curare se stessi nel soddisfare i propri bisogni primari, richiedendo quindi assistenza e cure continue. Sul piano prettamente istologico, ciò che caratterizza e distingue la demenza di Alzheimer riguarda un processo di accumulo di una proteina detta Beta amiloide che si organizza in ammassi neuro fibrillari, determinando una sofferenza sinaptica che induce la singola fibra nervosa alla morte (necrosi). Nel caso della malattia d’Alzheimer, le zone colpite all’esordio sono generalmente la regione parieto –temporale. L’esordio del processo neurodegenerativo è localizzato più frequentemente nelle regioni del sistema limbico (specialmentei neuroni del nucleo di Meynert, e della corteccia entorinale), a seguito delle quali avviene una grave diminuzione della disponibilità di Acetilcolina dovuta alla compromissione delle deputate strutture colinergiche. Ciò̀ che inoltre caratterizza la Malattia di Alzheimer è l’esordio progressivo, subdolo ed ingravescente della sintomatologia.
Disturbi comportamentali (BPSD)
Durante il decorso della demenza, oltre alla progressiva compromissione delle funzioni corticali superiori e della dipendenza nelle attività di vita quotidiana, una percentuale di soggetti superiore al 90% manifesta la comparsa di sintomi psichici e comportamentali. Nonostante la presenza dei BPSD in corso di demenza sia stata segnalata già da Alois Alzheimer, solo recentemente la comunità scientifica internazionale è giunta a riconoscere e a codificare più precisamente i BPSD. Essendo i disturbi comportamentali e psichiatrici in corso di demenza assai variabili, gli autori hanno cercato di raggrupparli in cluster sintomatologici.
Finkel e Burns individuano 4principali gruppi sindromici:
- Sintomi affettivi: Depressione, ansia, irritabilità, labilità emotiva;
- Sintomi psicotici: Deliri, allucinazioni e misidentificazioni;
- Disturbi della condotta: Sonno, alimentazione, sessualità;
-Comportamenti specifici: Vagabondaggio, agitazione/aggressività, ansia, vocalizzazione persistente, affaccendamento incongruo, perseverazioni, indifferenza, apatia, disinibizione;
Nello stesso anno McShane eVitali(1993) individuano specifici cluster di disturbi comportamentali, confermando la validità dei risultati ottenuti negli anni precedenti da Haupt M, Frisoni e Lyketsos et al.:
Generalmente i BPSD compaiono durante la fase iniziale e centrale del processo di deterioramento, mentre tendono a regredire quando la demenza ha raggiunto lo stadio avanzato e diventa predominante la grossolana compromissione del quadro neurologico.L’evidenza clinica e scientifica dimostra, infatti, che i BPSD possono, nello stesso paziente, variare nel tempo o essere persistenti e mantenersi per anni.Di solito i sintomi a comparire più precocemente sono quelli legati alla sfera affettiva (ansia, preoccupazione eccessiva, tristezza), mentre negli stadi più avanzati della demenza diventano più frequenti i disturbi del comportamento, del pensiero e quelli percettivi (agitazione, erronei riconoscimenti, deliri). Studi più recenti e condotti su un numero rilevante di pazienti hanno confermato che non sempre la gravita della demenza e associata ad un peggioramento dei BPSD.
BIBLIOGRAFIA
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Libri di testo
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b. Pietro Vigorelli “Alzheimer senza paura” Rizzoli, 2008
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d. VallarGiuseppe, Papagano Costanza “ Manuale di Neuropsicologia” il Mulino 2007