L a Neuropsicologia è una scienza relativamente giovane in cui confluiscono discipline diverse, quali la psicologia cognitiva, la neurologia, la neurofisiologia, la neuroanatomia e le scienze dell'informazione (Umiltà, 1999).
Obiettivo di questa branca è studiare i processi cognitivi e comportamentali, correlandoli con i meccanismi anatomo-funzionali che ne sottendono il funzionamento (Denes, Pizzamiglio,1996). Essa si propone di studiare gli effetti delle lesioni cerebrali sui processi cognitivi (percezione, attenzione, linguaggio, memoria, ragionamento)ma anche sulle emozioni e sulla personalità. In tal modo, è possibile una migliore comprensione dei meccanismi cognitivi permettendone non solo studio ma anche la valutazione e, ove possibile, la loro riabilitazione. A differenza dell’approccio medico, quello neuro psicologico si distingue prevalentemente per gli strumenti propri dell’esperto in neuro psicologia (la figura del neuropsicologo non è ancora stata riconosciuta legalmente, si preferisce pertanto l’appellativo “esperto in neuropsicologia”): attraverso l’uso di test standardizzati si mira ad individuare una “misura” del profilo cognitivo globale del paziente ed una specifica per ogni singola abilità (attenzione,memoria, prassia, funzioni esecutive, etc.), valutandone la qualità rispetto alla popolazione generale. Il principio che rende possibile tale processo è chele funzioni cognitive sono correlate con il funzionamento di specifiche strutture cerebrali, il cui eventuale danno, dovuto ad eventi acuti o processi neurodegenerativi, può generare disturbi delle funzioni cognitive.
Il lavoro in ambito neuropsicologico può essere suddiviso in diversi momenti: valutazione, diagnosi, riabilitazione neuropsicologica.
La valutazione neuropsicologica
Attraverso il colloquio clinico (con il paziente e con i familiari), la raccolta anamnestica, l'ausilio di test psicometrici e questionari, la valutazione neuropsicologica fornisce una misura della performance cognitiva, dalla quale si deduce il profilo cognitivo di un individuo. A partire da esso, è possibile la quantificazione del danno cognitivo e delle alterazioni comportamentali a esso associate. (Mondini,Mapelli e Arcara, 2009).
I test neuropsicologici sono strumenti in grado di simulare le diverse abilità cognitive, permettendo la misurazione di un profilo personalizzato della performance. Successivamente, tale misura viene messa a confronto con le misure dei soggetti con le medesime caratteristiche demografiche: età, scolarità, residenza. Quello che si ottiene (curva di distribuzione), indica una rappresentazione statistica di tutta la popolazione che funge da campione di riferimento da cui ricavare una “normalità” oppure“patologia”. Esistono diverse tipologie di test, differenziati per il tipo di abilità misurata: test di screening o globali, misurano le funzioni cognitive generali nel loro complesso; test specifici, misurano ogni singola abilità o processo relativo a quella abilità. I test possono inoltre essere del tipo“carta e matita” o “computerizzati”. Al fine di ottenere una misura affidabile delle performance cognitive, oltre a disporre di strumenti standardizzati, è necessario che per ogni test si possa disporre di un ampio campione di soggetti a cui siano stati precedentemente somministrati, al fine di garantirne una specifica “validità”.
La diagnosi neuropsicologica.
Il processo diagnostico rappresenta un processo complesso ed articolato. Esso rappresenta l’interpretazione “scientifica” di uno spaccato che il soggetto offre al clinico mediante diversi canali e punti di vista: il colloquio clinico, la performance misurata ai test, l’osservazione clinica. La diagnosi è importante, non solo per offrire una interpretazione di quanto rilevato, ma anche per guidare in modo obiettivo il successivo percorso terapeutico, si a esso farmacologico che di riabilitazione cognitiva. La diagnosi neuropsicologica non è un processo isolato, esso è infatti parte di un più ampio lavoro d’equipe in cui troviamo anche la figura del neurologo, e di altri medici con specializzazioni specifiche in base alla patologia oggetto d’analisi. Assieme al colloquio clinico e l’uso di test neuropsicologici, importanza notevole rivestono le indagini strumentali dell’encefalo (TAC, PEC,RnM, Spect), le analisi del sangue di routine e altre forme di indagine previste dal caso.
La riabilitazione neuropsicologica.
“La riabilitazione cognitiva è lo studio delle opportunità riorganizzative assunte dal cervello che è stato leso; parte dal presupposto che le capacità neuroplastiche del nostro cervello, presenti dopo la lesione, siano guidabili per ottimizzare il trattamento riabilitativo orientato al raggiungimento del massimo grado possibile di autonomia e di indipendenza attraverso il recupero e/o la compensazione delle abilità cognitive e comportamentali compromesse; tale provvedimento risulta essere finalizzato, pertanto al miglioramento della qualità della vita del paziente ed al reinserimento dell’individuo nel proprio ambiente familiare e sociale”(Mazzucchi,1999).
La riabilitazione neuropsicologica è quindi un intervento finalizzato al compenso funzionale del danno cognitivo attraverso il recupero (parziale o completo) delle funzioni compromesse o il rallentamento di eventuali processi neuro degenerativi (demenza di Alzheimer, sclerosi multipla, o altre forme simili). In ogni caso è centrale la capacità plastica e di riserva cognitiva grazie alle quali il cervello è in grado di riorganizzarsi a seguito di un danno attraverso la specializzazione di altre aree che svolgeranno il ruolo di quelle compromesse. In base al tipo di deficit, o danno, cambierà anche la tempistica con cui attivare l’intervento. È questo, per esempio, il caso degli eventi cerebrovascolari (ictus, ischemie, emorragie), traumi cranici, lesioni tumorali. L’intervento sarà tempestivo, il più possibile a ridosso dell’evento acuto, e limitato nel tempo (oltre un certo periodo la capacità del cervello di riorganizzarsi, e quindi recuperare, si riduce notevolmente. In altri casi, come per esempio le malattie neurodegenerative (p. es demenza di Alzheimer) l’intervento mira a mantenere il massimo livello di autonomia personale in assenza di possibilità concrete di recupero o interruzione del processo dementigeno e garantisce una tempistica più ampia ma prolungata nel tempo.