Il termine personalità descrive uno degli aspetti più ampiamente discussi e controversi in psicologia. Numerosi i contributi che gli autori hanno
fornito nel tentativo di definirne in modo esaustivo gli aspetti più caratteristici di questa classe di disturbi. Cicerone la definì come “ L’aspetto e la dignità di un essere umano, quella parte che si recita nella vita ”, non a caso, il termine persona rappresentava la maschera indossata dagli attori. Oggi siamo soliti definire con il termine personalità un “ Sistema complesso di caratteristiche psicologiche profonde di un individuo, in parte inconsapevoli, essenzialmente stabili, nel senso che non mutano facilmente e in un breve arco di tempo, che si esprimono automaticamente in ogni aspetto del funzionamento psichico e comportamentale .” Diversi elementi concorrono a determinare la personalità di un individuo, costituzionali , su base biologica, ambientali , legati al contesto in cui la persona è inserita ed in cui sviluppa i principali apprendimenti legati al contesto relazionale.
Gli aspetti biologici si esprimono con il temperamento del soggetto, mentre gli aspetti personologici, espressione di quanto acquisito dall’esperienza di vita, in funzione comunque degli aspetti biologici temperamentali, descrivono il carattere della persona. Il temperamento esprime una serie di tratti e variabili stabili che acquisiamo geneticamente alla nascita, sono pertanto frutto di un corredo genetico ereditato dai nostri genitori: la disposizione affettiva , la reattività agli stimoli , la capacità di tollerare la frustrazione , l’impronta biologica attraverso cui si esprimono e manifestano emozioni e sensazioni . I pattern temperamentali sono ben visibili già alla nascita, alcuni neonati sono più sensibili alla luce e ai suoni, oppure alcuni sono calmi e tranquilli mentre altri sono attivi e molto agitati. I tipi di temperamento che descrivono questa predisposizione nel bambino sono tre: facile (bambini generalmente prevedibili e di buon umore), lento ad attivare (resiste ad attivarsi e reagire di fronte a stimoli comuni, resistente alle attenzioni) e difficile (bambino tipicamente imprevedibile e di cattivo umore, piange spesso la notte ed è inconsolabile) (Thomas e Chess, 1977). Il temperamento del bambino tende a riflettersi nel pattern dell’adulto: per esempio, l’ottimismo e la solidità degli sforzi sono più comuni negli adulti con temperamento facile, mentre la negatività e la sospettosità sono generalmente associate a un temperamento difficile. Negli adulti sono stati identificati molti altri tratti temperamentali, quali l’ impulsività , l’ irritabilità , ipersensibilità alle stimolazioni, la reattività , la labilità emotiva , l’ inibizione , la capacità di riflessione , la repressione umorale l’ ipervigilanza e l’ intolleranza alle emozioni e all’attivazione fisiologica in genere. Il temperamento è considerato un “filtro biologico” della personalità attraverso cui la persona, fin dalla nascita, pone maggiore o minore attenzione, evita o affronta, ricerca e sperimenta, determinati aspetti dalla sua esperienza.Dal modo e dalla direzione in cui dirige la sua attenzione, e dall’esito di tali esperienze, si realizzano gli apprendimenti che determineranno successivamente gli aspetti caratteriali della persona. Il carattere, quindi, esprime delle modalità relativamente stabili con cui la persona si relaziona alla propria esperienza . Cosi, di fronte ad uno sconosciuto o a parlare in pubblico, una persona introversa e timida proverà sempre un certo impatto emotivo e quindi difficoltà, fino a quando non interverranno nuove circostanze, e nuovi “apprendimenti” appunto, che permetteranno eventualmente di rendere più flessibile questo tratto. La formazione del carattere segue specifiche regole, quella più rilevante riguarda il criterio temporale : ogni apprendimento esperienziale è tanto più determinante, nella formazione del carattere, quanto più avviene precocemente. Ciò non vuol dire che le esperienze successive, specialmente se rilevanti e significative rispetto alla sua storia personale, non abbiano influenza sull’organizzazione complessiva del carattere, esse agiscono piuttosto, a differenza delle esperienze precoci, nel modulare e modificare l’organizzazione di personalità esistente rendendola più funzionale alle circostanze di vita del soggetto. E’ proprio questo il presupposto si cui si basa ogni intervento terapeutico rivolto alle caratteristiche di personalità di una persona. Prende in considerazione il pattern di comportamenti e atteggiamenti, ne valuta la funzionalità rispetto al contesto di vita ed agli scopi propri della persona e agisce al fine di favorirne una maggiore flessibilità e capacità adattiva, individuando, se necessario, strategie ed un repertorio di comportamenti/atteggiamenti più funzionali, favorendone l’apprendimento.
Secondo il DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) l’organizzazione di personalità di un individuo diventa “Disturbo di personalità (dP)” quando il repertorio di comportamenti ed atteggiamenti di quella persona deviano marcatamente dalle norme culturali, etiche, e civili dell’individuo ed hanno una grande probabilità di determinare più o meno gravi conseguenze, sul benessere personale proprio della persona e sia di chi vive a contatto con lui. Si tratta, quindi, di modalità relativamente stabili e inflessibili di percepire, reagire e relazionarsi alle altre persone ed agli eventi, tale per cui la persona è limitata notevolmente nella possibilità di stringere e mantenere relazioni stabili e significative, in ambito sociale-relazionale e lavorativo. I disturbi di personalità devono essere distinti dai tratti di personalità che non raggiungono la soglia per un disturbo di personalità. I tratti di personalità sono delle disposizioni stabili che secondo Hans Eysenck, psicologo di origine tedesca, sono meno rigidi e permettono un maggiore adattamento nel contesto di vita del soggetto. Alcune caratteristiche descrivono in modo semplicistico ma esaustivo alcune caratteristiche principalidi un disturbo di personalità.
Si manifesta in ogni ambito e aspetto, superficiale e profondo, dell'organizzazione psichica dell'individuo.
Prevale in modo netto e rigido su tutti gli altri aspetti comportamentali e atteggiamenti della persona;
Spesso si mantiene nel tempo, è più evidente nella prima età adulta, tende a ridursi dopo i 50 anni;
L’organizzazione di un disturbo di personalità si struttura attorno a schemi e convinzioni rigide che tendono a mantenersi attraverso diversi meccanismi quali circoli viziosi, distorsioni cognitive, organizzazione delle dinamiche relazionali in cui si vive. Questi aspetti concorrono alla stabilità del disturbo in qualità di fattori di mantenimento.
Ogni disturbo di personalità, per definizione, è tale proprio perché il suo impatto sui principali contesti di vita, rende difficile anche il livello più basso e semplice di adattamento e quindi benessere della persona e di chi gli vive intorno.
Esistono diverse tipologie di disturbi di personalità, la presenza di uno o di un altro dipende da diversi fattori: biologici, familiari, culturali.
A riguardo, è interessante notare come siano diverse le forme in cui può manifestarsi un disturbo di personalità, ognuna delle quali è espressione unica e soggettiva della storia di vita di quella persona e del suo corredo genetico. Nel corso degli anni è si è resa utile la possibilità di suddividere i disturbi in base a delle categorie più ampie, definite Cluster.
Il DSM ne individua tre:
Gruppi di disturbi di personalità caratterizzati dalla stravaganza e dell'eccentricità- Si tratta di personalità patologiche che contengono degli elementi sfumati di dissociazione che non si traducono in manifestazioni sintomatologiche :
-Disturbo paranoide di personalità;
- Disturbo schizoide di personalità;
- Disturbo schizotipico di personalità;
Gruppi di disturbi di personalità caratterizzati dalla marcata espressività delle manifestazioni cliniche. Sono alterazioni patologiche della personalità in cui è in qualche modo riconoscibile un'alterazione affettiva e/o del controllo degli impulsi.
-Disturbo antisociale di personalità;
- Disturbo bordeline di personalità;
-Disturbo istrionico di personalità;
- Disturbo narcisistico di personalità;
Gruppi di disturbi di personalità caratterizzati dall'ansietà e dai problemi di controllo emotivo. Si tratta di personalità patologiche riconducibili ai disturbi d'ansia per l'insicurezza che li contraddistingue, il timore di fondo e il controllo emotivo troppo scarso oppure ottenuto con forte pressione.
-Disturbo evitante di personalità;
- Disturbo dipendente di personalità;
-Disturbo ossessivo compulsivo di personalità;
Le persone con disturbo di personalità sono persone estremamente fragili, sembrano ricadere ripetutamente negli stessi errori, sembra che nella loro vita stiano seguendo un copione molto rigido, quasi non conoscessero alternativa se non la strategia, il comportamento, la scelta che hanno sempre agito, e questo avviene nonostante le gravi conseguenze che il loro comportamento determina. Credonospesso che non esistano altre possibilità d’azione se non quelle che hanno sempre agito, e che il loro sia il modo più ragionevole di agire. Questo è uno dei motivi perché spesso rifiutano di intraprendere un percorso di psicoterapia o semplicemente di riconoscere la presenza di un problema nel loro modo di fare.
Si tratta di un disturbo caratterizzato essenzialmente da un abnorme funzionamento interpersonale, dovuto a sentimenti e pensieri negativi che riguardano gli altri. Si riscontra eccessiva sfiducia e sospettosità. Le altre persone sono viste come aggressive, ostili, non amichevoli e ne derivano degli atteggiamenti improntati a diffidenza e sospettosità. Queste idee non raggiungono la caratteristica del delirio, in quel caso si parlerebbe di psicosi.
Questo disturbo si contraddistingue prevalentemente per un distacco dalle relazioni sociali e da una gamma molto ristretta di espressività emotiva. Si tratta di soggetti freddi, poco reattivi sul piano emotivo e scarsamente interessati o addirittura insofferenti alle relazioni affettive ed ai rapporti sessuali.
E’ un disturbo in cui coesistono sostanzialmente le caratteristiche dei due disturbi precedentemente descritti, ideazione paranoide e chiusura relazionale e sociale, con elementi di stravaganza, incongruità di pensiero, emotiva e comportamentale. In quelle poche relazioni affettive in cui sono coinvolti è presente un marcato disagio; si riscontra, inoltre, un comportamento prevalentemente eccentrico.
L’individuo con personalità patologica di tipo antisociale frequentemente non osserva le regole convenzionali e sociali e i diritti altrui. Tende a delinquere, è aggressivo e talora violento, e manifesta uno scarso controllo degli impulsi. La sofferenza o il disagio soggettivo sono dovuti alle conseguenze delle proprie azioni, condanne penali, conflitti e litigi, perdita del posto di lavoro.
Si tratta di una condizione patologica complessa che si manifesta essenzialmente con una abnorme instabilità e con la tendenza all’estremizzazione dei vissuti: i rapporti interpersonali sono dominati da sentimenti esagerati e opposti, di idealizzazione o svalutazione, le reazioni emotive sono eccessive o sproporzionate, l’impulsività e l’ aggressività tendono a non essere sufficientemente controllate. Sono spesso presenti fenomeni autolesivi, e comportamenti dirompenti. Le persone con questo disturbo vivono spesso il timore dell’abbandono e vi reagiscono con grande aggressività e frustrazione.
La personalità patologica di tipo isterico (o istrionico) è abbastanza caratteristica: si tratta spesso di individui egocentrici, volutamente appariscenti (tanto da non passare inosservati, sia nell’abbigliamento che nelle movenze e negli atteggiamenti), che manifestano atteggiamenti smaccatamente seduttivi, che tendono alle manifestazioni emotive eccessive e alla drammatizzazione. Sono facilmente suggestionabili ed emotivamente instabili.
La personalità patologica con aspetti narcisistici è caratterizzata da un grandioso senso di sé, da un’eccessiva ricerca di ammirazione, stima ed attenzione. Sono prevalenti i sentimenti d’ invidia, ed atteggiamenti improntati ad arroganza e freddezza.
Questo tipo di personalità è caratterizzato da pervasivi sentimenti d’inadeguatezza e di autosvalutazione che portano il soggetto ad isolarsi socialmente e ad evitare ogni situazione che lo fa sentire “alla prova” o in cui è sottoposto all’osservazione altrui.
Si tratta di un disturbo in cui l’individuo tende a rapportarsi in modo patologico agli altri, con legami dipendenti, e in cui si manifesta un’eccessiva sofferenza per gli eventi di separazione e perdita, sia reali che immaginati. Sono presenti comportamenti di sottomissione ed un eccessivo bisogno di essere accuditi.
Il disturbo ossessivo compulsivo di personalità è caratterizzato da un’eccessiva preoccupazione per l’ordine, da una ricerca esasperata di perfezionismo, di efficienza, d’inflessibilità. I pazienti con il DOC manifestano il tentativo esasperato di controllare i propri contenuti mentali: il controllo del contenuto mentale che li disturba (perturbante) avviene con un continuo lavoro mentale (rimuginio) e/o comportamentale (sintomi compulsivi). Nei pazienti con disturbo di personalità ossessivo-compulsivo si assiste a un tentativo esasperato di controllare gli eventi, soprattutto quelli relativi a circostanze in cui sono coinvolti elementi quali ordine, pulizia, simmetria, igiene. Il controllo degli eventi si manifesta con un’esasperata superstiziosità, il tentativo di controllo degli altri si manifesta, invece, con i caratteri fondamentali di questo disturbo di personalità: rigidità, inflessibilità, avarizia, perfezionismo.
Il Manuale Disgnostico e Statistico dei Disturbi Mentali individua specifici criteri affinchè si possa diagnosticare un disturbo di personalità:
A. Un pattern abituale di esperienza interiore che devia marcatamente rispetto alle aspettative ed alla cultura dell’individuo. Questo pattern si manifesta in due (o più) delle seguenti aree:
1. Cognitività (cioè modi di percepire e interpretare se stessi, gli altri e gli avvenimenti);
2. Affettività (cioè varietà, intensità, labilità e adeguatezza della risposta emotiva).
3. Funzionamento interpersonale;
4. Controllo degli impulsi;
B. Il pattern abituale risulta inflessibile e pervasivo in un’ampia varietà di situazioni personali e sociali;
C. Il pattern abituale determina disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo, o in altre aree importanti;
D. Il pattern è stabile e di lunga durata, l’esordio può essere fatto risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta;
E. Il pattern abituale non risulta meglio giustificato come manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale;
F. Il pattern abituale non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, una farmaco) o di un’altra condizione medica (per es., un trauma cranico);