Tra il 3 e il 13% della popolazione soffre di ansia sociale . Spesso le persone non riconoscono di avere un problema, si ritiene infatti, che si tratti di un loro tratto caratteriale e come tale qualcosa con cui convivere. E’ comune, quindi, che a sviluppare tale disturbo siano spesso soggetti
che nella loro storia di sviluppo presentano una lieve disabilità fisica o alcune caratteristiche quali la balbuzie o lievi difetti fisici dei quali s’ imbarazzano. Non è raro che, persone con questo tipo di problema, in età adulta, conducano una vita isolata e solitaria, con una cerchia di amici e conoscenti molto ristretta. Molto comune, quando si vivono problematiche simili è la possibilità di sperimentare attacchi di panico, in questi casi non si tratta del disturbo da attacco di panico ma la modalità di reazione della persona alla percezione personale dell’evento. Non va trascurato, infatti, che il panico è una modalità di gestione del pericolo che la natura ci ha regalato per far fronte a situazioni dalle quali è opportuno fuggire. Il Disturbo d’Ansia Sociale (o Fobia Sociale ) descrive un atteggiamento di marcata preoccupazione e apprensione per le conseguenze che potrebbero determinare certi atteggiamenti personali, certe azioni o aspetti del proprio fisico, il tutto espresso dal giudizio che gli altri potrebbero comunicare o soltanto pensare nei nostri riguardi.
Le situazioni più comuni in grado di suscitare apprensione sono situazioni quali:
- Interazioni sociali (per es., avere una conversazione, incontrare persone sconosciute, persone con cui si sono trascorse esperienze rilevanti del passato o se ne vivranno di altrettanto significative in futuro, provare un approccio con una ragazza/ragazzo vero cui si manifesta un certo interesse sentimentale);
- Essere osservati (per es., mentre si mangia o si beve) ed eseguire una prestazione di fronte ad altri (per es., fare un discorso in pubblico) (APA, 2013);
- Sostenere prove in cui è previsto ricevere un giudizio rispetto alla propria performance (sostenere esami, prove, visite);
Quello che la persona teme è che all’esterno possano essere colti i segni del proprio imbarazzo o disagio e che questo sia lo spunto per una critica o per un giudizio che avrà risvolti negativi relativamente alle propria progettualità, ai propri obiettivi ed in genere al proprio valore.
Nel tentativo di evitare tali circostanze vengono agiti una serie di comportamenti protettivi:
- Evitamento di situazioni e circostanze che si ritengono essere in grado di produrre esiti negativi;
- Richiesta di continue rassicurazioni, sia alle persone che si ritiene possano aver sviluppato un giudizio negativo o alle persone a lui vicine per avere conferma che quella loro idea sul possibile giudizio degli altri sia corretto o meno;
- Monitoraggio delle sensazioni-espressioni-emozioni che si ritiene essere in grado di catturare l’attenzione all’esterno e di quelle sensazioni che si ritiene possano anticipare l’inizio di una reazione emotiva avversa (il rossore al viso o il sudore alle mani);
Per potere diagnosticare un disturbo d’ansia sociale è importante tenere a mente che la sola timidezza e tutti gli atteggiamenti che ne conseguono, da soli, non sono sufficienti per la diagnosi di Fobia Sociale. Tale atteggiamento (timidezza) per potere rientrare nella diagnosi di un disturbi d’ansia deve necessariamente essere di intensità tale da interferire con le attività in cui il soggetto è impegnato e limitarne il benessere.
1. Paura o ansia marcate relative a una o più situazioni sociali nelle quali l’individuo è esposto al possibile esame degli altri. Gli esempi comprendono interazioni sociali (per es. avere una conversazione, incontrare persone sconosciute), essere osservati (per es. mentre si mangia o si beve) ed eseguire una prestazione di fronte ad altri (per es. fare un discorso);
2. L’individuo teme che agirà in modo tale o manifesterà sintomi di ansia che saranno valutati negativamente (cioè saranno umilianti o imbarazzanti; porteranno al rifiuto o risulteranno offensivi per altri);
3. Le situazioni sociali temute provocano quasi invariabilmente paura o ansia;
4. Le situazioni sociali temute sono evitate oppure sopportate con paura e ansia intense;
5. La paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto alla reale minaccia posta dalla situazione sociale e al contesto socioculturale;
6. La paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti e durano tipicamente 6 mesi o più;
7. La paura, l’ansia o l’evitamento causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti
8. La paura, l’ansia o l’evitamento non sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza o a un’altra condizione medica;
9. La paura, l’ansia o l’evitamento non sono meglio spiegati dai sintomi di un altro disturbo mentale, come disturbo di panico, disturbo di dismorfismo corporeo o disturbo dello spettro autistico.
10. Se presente un’altra condizione medica (es. Obesità o morbo di Parkinson), la paura, l’ansia o l’evitamento sono chiaramente non correlati o eccessivi