Il termine distimia descrive un disturbo depressivo cronico attenuato, il cui impatto sulla qualità della vita del soggetto non è elevato come nel caso del disturbo depressivo maggiore. La prevalenza del disturbo nella popolazione generale lungo l’arco della vita è di circa il 6% con una
prevalenza maggiore nel sesso femminile, che risulta essere colpito con una prevalenza due o tre volte maggiore. Rispetto agli episodi depressivi maggiori il quadro sintomatologico si presenta meno grave, e mai con manifestazioni psicotiche. Come nella depressione maggiore, è il tono dell’umore abbassato che costituisce la manifestazione primaria che porta con sé tutte le altre. Nella distimia si tratta di vera e propria tristezza, cattivo umore o irritabilità. La differenza rispetto a una condizione di assenza del disturbo è solo quantitativa: è come se la persona avesse una soglia più bassa per tristezza e cattivo umore, si preoccupa e prova sconforto per stimoli minimi o in modo sproporzionato agli eventi negativi e recupera meno facilmente il buon umore, tende al pessimismo ed ha difficoltà a godere di stimoli piacevoli. Un altro sintomo primario è l’assenza di piacere nel fare le cose. A differenza di quanto accade per la persona con depressione, chi soffre di un disturbo distimico non lamenta l’assenza di piacere bensì ritiene che non sia sufficiente per godere a pieno di quello che fa e sperimenta quotidianamente. Non è raro che si presenti una marcata sintomatologica ansiosa. Sul versante cognitivo sono riscontrabili tutte le difficoltà proprie di un quadro depressivo, diversificate per il fatto di non compromettere il normale funzionamento del soggetto: difficoltà a prendere decisioni, scarsa stima in sé, sentimenti di inadeguatezza, preoccupazioni economiche e preoccupazioni ipocondriache che non assumono mai la caratteristica delirante. Anche il rischio suicidario non è da sottovalutare, di certo è maggiore rispetto alla popolazione generale ma di molto più basso rispetto ai soggetti con disturbo depressivo maggiore. Sul piano vegetativo è presente uno scarso appagamento nei confronti del cibo, la persona si alimenta meno e si riduce il peso, il sonno diventa frammentato, sono frequenti risvegli al mattino presto o difficoltà ad addormentarsi la notte. Anche dal punto di vista psicosociale sono presenti delle alterazioni, nelle qualità degli scambi interpersonali e nel numero di occasioni create al fine di sperimentare relazioni positive, quest’ultimi si riducono notevolmente a seguito di un atteggiamento, non pervasivo, di evitamento e chiusura.
Alcuni fattori, più di altri, caratterizzano le dinamiche del disturbo. Gli stessi sono presenti anche nel disturbo depressivo, con la differenza che in quest’ultimo risultano essere molto più marcati ed invasivi:
A. Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, come riferito dal soggetto o osservato dagli altri, per almeno 2 anni.
B. Presenza, quando depresso, di due (o più) dei seguenti sintomi:
1) scarso appetito o iperfagia
2) insonnia o ipersonnia
3) scarsa energia o astenia
4) bassa autostima
5) difficoltà di concentrazione o nel prendere decisioni
6) sentimenti di disperazione
C. Durante i 2 anni di malattia (1 anno nei bambini e negli adolescenti) la persona non è mai stata priva dei sintomi di cui ai Criteri A e B per più di 2 mesi alla volta. 4
D. I criteri per un disturbo depressivo maggiore possono essere continuamente presenti per 2 anni
E. Esclusione di Episodio Maniacale, Ipomaniacale e Disturbo Ciclotimico
F. Esclusione di disturbo schizoaffettivo, dalla schizofrenia, dal disturbo schizofreniforme, dal disturbo delirante o dal disturbo dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici con altra specificazione o senza specificazione.
G. Esclusione effetti fisiologici sostanze o condizione medica generale
H. Disagio/compromissione