La psicologia è quella disciplina che studia il comportamento umano e la mente, attraverso l’analisi dei processi psichici, mentali e cognitivi nelle loro componenti esplicite e implicite, mediante l'uso del metodo scientifico. Numerose sono state le fasi che la moderna psicologia, e quindi psicoterapia, hanno attraversato prima di giungere a noi nella sua attuale forma e organizzazione. Il primo autore che si è occupato scientificamente dei problemi psicopatologici fu Freud (1856-1939). Medico neurologo, propose il modello della libido per spiegare il funzionamento della mente, quasi fosse un sistema idraulico-meccanico . Non sempre, però, si è goduto del contesto liberale in cui è nata e si è sviluppata la psicoanalisi e gli altri approcci di psicoterapia. In età medievale grande influenza ha avuto per esempio, a fronte delle rigide impostazioni esercitate dalla chiesa, il vincolo secondo cui l’ uomo dovesse essere escluso da qualsiasi tentativo di studio o analisi essendo egli fatto a immagine e somiglianza di Dio. Grazie all’opera e alle intuizioni strategiche di Cartesio, che all’interno dei suoi scritti suddivide gli ambiti di studio dell’uomo in res cogitans dalla res extensa , è stato possibile avviare il processo di laicizzazione della psicologia. E’ questo il momento in cui ha inizio lo studio sistematico dell’uomo, dalla sua anima e poi dal contenuto e natura della sua mente. Numerosi furono le correnti teoriche che, nei secoli, contribuirono allo spostamento dell’attenzione verso quello che oggi è l’oggetto di studio della moderna psicologia. Dagli empiristi agli associazionisti , dalla riflessologia alla fisiologia , dalla psicoanalisi al comportamentismo e successivamente cognitivismo . Sono questi alcuni dei momenti e dei modelli teorici da cui tutto ha preso piede, per giungere ai giorni nostri sotto forma di un ampio panorama di modelli teorico-pratici che si pongono l’obiettivo di spiegare il funzionamento della mente , l’origine del disagio psicologico , l’approccio clinico più efficace per superarlo.
Gli approcci di psicoterapia sono numerosi e vasti ma se si assumono specifici criteri di selezione, quali per esempio il modello teorico e le tecniche, si possono raggruppare in due grandi filoni, l’approccio psicoanalitico e quello cognitivo-comportamentale . Da questi due filoni si sono sviluppati tutti gli altri modelli e approcci cui oggi è possibile far riferimento nel tentativo di risolvere le più comuni forme di disagio psicologico. L’approccio cognitivo comportamentale (CBT), è indicato come trattamento di prima scelta ( Practice Guideline; Guideline Watch, Cochrane Data Base of Systematic Reviews, Evidence-based Mental Health ) per un ampio numero di disturbi e patologie, la sua efficacia è stata dimostrata essere pari o superiore, in alcune circostanze, alla stessa terapia farmacologica, soprattutto se si prende a riferimento, per valutarne l’efficacia, la variabile durata , ricadute e solidità dei risultati nel tempo. L’approccio cognitivo comportamentale, cosi come espresso dallo stesso nome, contiene al suo interno una doppia anima, quella comportamentale e quella cognitivista. Nonostante i due approcci avessero modelli teorici e tecniche diverse, la lorointegrazione all’interno di un unico approccio si è resa funzionale, entrambe hanno avuto il pregio di descrivere il modello di funzionamento dell’organismo e della mente osservandola da punti di vista diversi, da un parte il comportamento ed il processo che lo regola, dall’altro il pensiero e le leggi che ne regolano l’influenza sull’intera attività psichica e quindi sullo stesso comportamento.
Il comportamentismo nasce ufficialmente nel 1913, anno di pubblicazione di quello che diverrà poi il manifesto al comportamentismo: “ La psicologia così come la vede il comportamenstista ” al cui interno furono riassunti e descritti i più rilevanti contributi in ambito sperimentale, all’interno dei laboratori in cui veniva studiato il comportamento animale, e i principi dell’evoluzionismo così come proposto da Charles Darwin. Il comportamentismo spiega che in natura non esistono comportamenti sbagliati o patologici, ogni comportamento è piuttosto funzionale a uno scopo, finalità. Ogni comportamento è al servizio di un bisogno dell’organismo, sia esso la fuga dal pericolo che anche l’ottenimento di una ricompensa. Il repertorio di comportamenti che ogni individuo possiede, nella maggior parte dei casi, sono appresi, salvo che essi non siano determinati geneticamente, in questi casi parleremo di riflessi . Un riflesso è per esempio quel movimento attraverso cui ritiriamo il braccio di fronte ad una fonte di dolore. Il comportamentismo guarda al comportamento come un processo, non può essere limitato a un solo gesto o azione, dietro quella stessa azione vi è un flusso costante d’interazioni fra l’individuo, o meglio l’organismo, e il mondo che lo circonda. Un comportamento, quindi, è la parte più visibile di un processo molto ampio e complesso.
Condizionamento classico e disturbi d’ansia
Grazie agli studi pioneristici di I. P. Pavlov, riflessologo russo, furono poste le basi per la comprensione e descrizione di uno dei più importanti principi della moderna psicologia, il condizionamento classico . Immaginiamo la circostanza in cui un ragazzo è aggredito da un cane. Per lui, fino a quel momento, i cani non rappresentavano qualcosa di pericoloso ( stimolo neutro ), ma a seguito dell’aggressione ( evento + intensa emozione ) interpretata dal cervello come rischiosa per la sopravvivenza del ragazzo. Da quel momento in poi il cane ha cominciato a rappresentare una fonte di pericolo (condizionamento classico). Questo è il modo in cui il comportamentismo spiega la nascita delle fobie e una gran quantità di disturbi d’ansia, caratterizzati per il fatto di comprendere la fuga e l’ evitamento quale strategia di gestione del “pericolo”. Quest’ultima circostanza, l’ evitamento , introduce il secondo fondamentale principio del comportamentismo, il condizionamento operante
Condizionamento operante e mantenimento nel tempo dei disturbi psicologici
A partire dai primi studi di Thorndike, Skinner propone una descrizione funzionale di come gli stessi apprendimenti che agiamo in funzione dell’esperienza diretta possano essere modulati dalle loro conseguenze. Ogni volta che agiamo un comportamento questo avrà maggiori o minori probabilità di ripetersi nel tempo in base alle conseguenze che esso produrrà. Questa classe di conseguenze prende il nome di rinforzo (positivo e negativo) e punizioni . I primi aumentano le probabilità che esso possa ripetersi. La seconda, invece, riduce le probabilità che possa ripetersi nuovamente. Questo principio è presente in ogni istante della nostra vita e si può individuare in ognuna delle azioni che agiamo. I rinforzi indicano tutti quegli aspetti che hanno il potere di aumentare o ridurre le probabilità che quello stesso comportamento possa ripetersi nel tempo. Quando a un’azione fa seguito una ricompensa, parleremo di rinforzo positivo, quando invece un’azione permette di far cessare una fonte di disagio (per esempio un mal di testa) paleremo di rinforzo negativo. Non si fraintenda il termine “negativo”, in quel caso, quando vogliamo definire la circostanza in cui qualcosa riduce le probabilità che quel comportamento si possa ripetere parleremo di punizione , cui fa seguito, secondo specifiche modalità, l’estinzione di un comportamento dal repertorio comportamentale. Immaginiamo un ragazzino che, trovandosi in classe, si trovi a fare lo stupido con l’insegnante catturando l’attenzione e la simpatia dei compagni che ridono divertiti di quella sua performance. In questo caso, le conseguenze estremamente piacevoli delle sue azioni (l’attenzione e le risate dei compagni) aumenteranno di molto le probabilità che quel comportamento possa nuovamente ripetersi, anche se l’insegnante dovesse rimproverarlo e redarguirlo. Il ragazzino assumerà quindi, in modo stabile, una condotta irriverente e provocatorio, tentativo di ricevere le attenzioni e la stima dei compagni. Questo comportamento si manterrà nel tempo fin quando i compagni continueranno a rinforzarlo.
Grazie alla tecnica dell’analisi funzionale è possibile comprendere in che modo e a quale scopo un comportamento viene agito da un individuo. Nella prima colonna rientrano tutti gli eventi che accadono attorno a noi (azioni, eventi) e dentro di noi (pensieri, emozioni, sensazioni). Esse hanno sempre un impatto sul nostro organismo, tale impatto non è uguale per tutti gli organismi e gli individui ma dipende da tanti aspetti tra cui esperienze precedenti , contesto socio culturale, bisogni personali, convenzioni . In questo caso, di fronte ad un cane, dopo aver fatto esperienza di una precedente aggressione, il ragazzo proverà un’intensa paura che lo motiverà ad agire un comportamento in linea con il proprio vissuto, pertanto tenterà la fuga. Gli effetti di questo comportamento (rinforzi), la riduzione della paura, avranno il potere e la funzione di rendere stabile nel tempo questo repertorio secondo la regola: “se fuggire mi è stato d’aiuto ad evitare il pericolo e stare bene, ogni volta che vedrò un cane non posso non fuggire.
Esperienza indiretta e apprendimento governato dalle regole
Consideriamo adesso l’ipotesi che, mentre il ragazzo è aggredito dal cane, io mi trovi a passare da li e mi accorga di quanto accaduto.
Cosa susciterà in me quell’esperienza?
Anche in questo caso avverrà un apprendimento definito vicario . I biologi spiegano tale circostanza come uno dei più ingegnosi meccanismi di adattamento. Se, infatti, fosse stato necessario fare esperienza dei denti del coccodrillo per capirne la pericolosità, il genere umano non sarebbe oggi la specie dominante sulla terra, probabilmente sarebbe anche estinta. L’apprendimento per modello, quindi, permette di avvantaggiarsi dell’esperienza altrui senza pagarne le conseguenze. A trovarsi nelle vicinanze del coccodrillo, però, si corre comunque una certa quota di pericolo. Ecco quindi che l’evoluzione ci ha permesso di aggirare anche quest’ostacolo attraverso l’acquisizione del linguaggio . Quando il nostro antenato, dopo aver assistito all’uccisione del proprio compagno per mano di un coccodrillo, tornava nella caverna dai suoi simili aveva una nuova opportunità per favorire un apprendimento, il racconto dell’esperienza cui aveva assistito.
Che funzione ha questa esperienza ?
Anche in questo caso genera un apprendimento, a differenza dei primi due, però, questo apprendimento è governato dalle regole verbali, ossia dai pensieri che quella regola determina, pensieri negativi sulle conseguenze delle proprie azioni che generano uno stato di allerta (ansia) cui reagiamo sempre allo stesso modo, così come descritto nell’analisi funzionale, con al fuga o l’evitamento, nel tentativo di metterci al sicuro.
Il comportamentismo classico però non concepiva l’esistenza di altro che non fosse il comportamento visibile, lo stesso Skinner parlava di Black Box per descrivere i processi della mente, qualcosa che, in assenza di adeguati strumenti e tecniche, non poteva essere studiato adeguatamente pertanto andava lasciato fuori dallo studio sistematico e scientifico della psicologia. Tale impostazione era troppo rigida per la portata della materia di cui si discuteva, lasciare fuori dallo studio della psicologia l’esperienza interna ne riduceva il valore scientifico e le possibili applicazioni. Nasce pertanto l’esigenza di riconoscere e rendere operativo quello che accadeva tra lo stimolo e la risposta, tra il cane e la reazione di fuga esiste qualcosa che fa parte della soggettività dell’individuo e che modula il tipo di risposte con cui gestiamo il pericolo e gli eventi, il pensiero.
Grazie al processo di evoluzione abbiamo sviluppato un’ampia porzione del sistema nervoso dedicata esclusivamente alla produzione e comprensione del linguaggio. Da quest’ area vengono generate di continuo idee e pensieri sul mondo e sulla realtà che ci circonda ed alle quali reagiamo come se l’idea del cane che ci morde dopo averlo visto equivalesse al cane in carne ed ossa che ci aggredisce.
Il cognitivismo e l’approccio cognitivo comportamentale classico
Il comportamentismo classico, grazie agli autori che provarono a superarne i limiti, assume le sembianze di un nuovo approccio: propone in una stessa anima aspetti quali le moderne conoscenze scientifiche sul funzionamento del cervello, il ruolo del linguaggio ed il modo in cui questo guida le nostre reazioni emotive. Secondo questi autori, tra la vista del cane e l’ansia che determina la fuga si presenta uno o più pensieri della persona che innescano le reazioni di allarme. Il nostro cervello funzionerebbe come un computer, ogni volta che un pensiero descrive la realtà e le circostanze in cui ci troviamo, il sistema nervoso lo elabora e decide se quella stessa circostanza è pericolosa o utile , piacevole o spiacevole . Sulla base di questi “calcoli” innesca emozioni tra cui paura, rabbia, tristezza condizionando quindi le scelte dell’individuo. E’ molto probabile, infatti, che di fronte alla paura o ansia, gli esseri viventi decidano di evitare o fuggire da quello che l’ha determinata. E’ un potente meccanismo di adattamento e sopravvivenza, purtroppo però risente di alcuni limiti del pensiero e linguaggio, gli errori di ragionamento. Tutti gli esseri umani ragionano in modo ottimale, non perfetto. Lo stesso cervello è ottimale e non perfetto . Non perché la natura sia stata imperfetta ma perché è conveniente. Immaginate di trovarvi in un bosco e di vedere tra la sterpaglia una pelliccia simile a quella di un ghepardo. Siamo troppo lontani per definirlo con certezza, pertanto il nostro cervello prova a dare una spiegazione con gli elementi a propria disposizione. Quasi certamente saremo indotti a pensare che si tratti di un ghepardo anche se non è cosi.
Perché avviene questo?
A pensare che si tratti di un animale pericoloso, la nostra mente favorisce la nostra sopravvivenza perché in questo modo è probabile che l’individuo decida di non avvicinarsi e quindi di evitare il pericolo “immaginato”. In realtà non si tratta di un ghepardo ma di un innocuo pollo. La nostra mente ha comunque vinto, perché ragioniamo secondo la logica “ meglio cento volte scappare che una sola rischiare ”. Questo errore di ragionamento, secondo il cognitivismo, è determinato da alcuni comuni errori cognitivi che tutti gli individui commettono, spesso li chiamiamo pregiudizi, e guidano il contenuto delle nostre idee.
Alcuni errori comuni di ragionamento sono:
Generalizzazione – Il cane mi ha morso, mi morderanno tutti i cani;
Pensiero bianco o nero – O sono magro o sono grasso;
Catastrofizzazione – Mi ha detto che sono stato superficiale, è terribile.
Inferenza arbitraria – Domani andrò a giocare con gli amici del calcetto, la mia ragazza mi lascerà;
Lettura del pensiero – Starà pensando che sono uno stupido;
Fusione pensiero azione – Se penso che andrà male, di certo andrà male;
Personalizzazione – Riportare a se stessi le responsabilità di quanto accade;
Squalificare il lato positivo – Ho fatto bene quel lavoro, ma questo non significa che io sia una persona competente
Affermazioni dovrei e devo – Devo assolutamente essere all’altezza della situazione;
A partire da questi presupposti prende il via l’approccio cognitivo comportamentale che oggi domina la scena dell’attuale panorama scientifico in ambito psicologico.
L’approccio cognitivo comportamentale nasce intorno agli anni 60’ ad opera soprattutto di Aron Beck , terapeuta di formazione psicoanalitica che, insoddisfatto dal precedente modello clinico (psicoanalisi) sente la necessità di apportare delle modifiche alla sua pratica al fine di rendere più efficace il percorso di terapia. Beck scelse come punto di partenza una riflessione che lo accompagnava spesso nel lavoro con i suoi pazienti. Aveva notato, infatti, un’evidente interdipendenza tra pensieri, emozioni e comportamenti . Giunge quindi alla conclusione che sono i pensieri, soprattutto il loro contenuto, a modulare qualità e intensità delle emozioni che una persona può sperimentare e che successivamente condizionano le sue scelte e i suoi comportamenti. Prendendo quindi spunto dai pensieri del filosofo greco Epitteto “ Gli uomini sono agitati e turbati, non dalle cose, ma dalle opinioni che hanno delle cose ”, concentra la propria attenzione non tanto sui fatti e sulle esperienze nella loro oggettività quanto sulle opinioni che le persone avevano rispetto agli stessi eventi. Negli stessi anni, ed in modo del tutto indipendente, un altro studioso, Albert Ellis, presentò un proprio modello terapeutico cui dette il nome “Terapia Razionale Emotiva (RET)”. Anche per Ellis l’elemento pensiero giocava un ruolo rilevante, egli riteneva inoltre che la sua influenza era talmente rapida e inconsapevole che la persona avrebbe potuto reagirvi senza neanche averne consapevolezza. Più in generale, potremmo supporreche la mente umana reagisca a quanto può percepire attraverso i suoi sensi (vista, udito, olfatto, tatto, gusto) attraverso una serie di pensieri, immagini, sensazioni che inducono la persona a provare determinate emozioni, e in funzione di queste agisce altrettanti comportamenti che sono in linea con emozioni e pensieri (teorema di Thomas). Se penso che il cane mi morderà, la fuga, per quanto esagerata, sarà coerente con l’ansia che provo e con le mie idee.
Nella maggior parte dei casi il pensiero non corrisponde alla verità dei fatti, nessuna delle conseguenze che immaginiamo si realizza in futuro e nel modo in cui lo immaginiamo. Nonostante la persona sia a conoscenza dell’irrazionalità dei propri pensieri non riesce a prenderne le distanze e viene guidato dal loro contenuto ad agire determinati comportamenti e scelte che rendono difficile il suo benessere.
A partire da pensieri distorti, è comune che una persona eviti determinati luoghi o circostanze per paura di sentirsi male, faccia di tutto per non destare l’attenzione e il giudizio delle persone con cui entra in contatto, controlla le proprie sensazioni fisiche dopo aver sperimentato gli effetti di un attacco di panico, ricerca informazioni su internet e svolge numerose visite mediche nel tentativo di comprendere la natura di alcuni dolori che lo impauriscono. I pensieri, e più in generale il nostro dialogo interiore , (cognitivo) guidano i nostri comportamenti (comportamentale) nel tentativo di raggiungere i nostri scopi, siano essi quelli di fuggire da un pericolo, ottenere qualcosa di piacevole o altro che sia espressione dei nostri scopi. In ambito clinico, l’approccio cognitivo comportamentale ha dimostrato un’efficacia pari o addirittura superiore ai farmaci nel trattamento dei principali disturbi psichici.
Caratteristiche distintive dell’approccio cognitivo comportamentale
Scientificamente fondato
L’efficacia dell’approccio è scientificamente dimostrata, i protocolli clinici sono basati sulle più attuali conoscenze nel campo delle neuroscienze e delle scienze biologiche. Al centro dell’approccio l’organismo e le leggi che ne regolano la capacità di adattamento all’ambiente, l’evoluzionismo darwiniano e il funzionalismo proprio delle scienze comportamentali.
Pratica e concreta
E’ una terapia estremamente pratica che pone grande attenzione al modo in cui la persona agisce, al raggiungimento dei suoi obiettivi e di come questi spesso vengano sacrificati nel tentativo di evitare circostanze ritenute pericolose. Sposta l’attenzione da come la persona “si sente” a come la persona “agisce” in funzione di come si sente.
Centrata sul qui e ora
Presupposto essenziale di tale intervento è che ogni comportamento può essere agito solo e soltanto nel momento presente, e cioè ora.
Breve
Già durante le prime sedute è possibile apprezzare un miglioramento significativo della sintomatologia iniziale;
Empirismo collaborativo
Paziente e terapeuta collaborano attivamente nello svolgimento degli esercizi esperienziali e nella definizione del programma e contenuto delle esperienze stesse;
Scoperta guidata
Non vi è una mera trasmissione d’informazioni tra paziente e terapeuta, attraverso esperienze in vivo si deducono delle nuove e più funzionali convinzioni rispetto alle circostanze che in passato hanno suscitato disagio e sofferenza;
Non giudicante, non esprime posizioni personali;
Il terapeuta non giudica le esperienze private del paziente, assume piuttosto una posizione neutra sempre e comunque rispettosa della dignità e del benessere della persona che ha richiesto l’aiuto del terapeuta;
Rispetto della privacy
Il paziente garantisce il rispetto della privacy del paziente, la sua dignità personale, dei suoi costumi, valori e costumi;
Rispetto del codice etico degli psicologi
Lo psicoterapeuta agisce nel rispetto e in conformità del codice deontologico degli psicologi italiani;
La strategia terapeutica
La via verso il benessere proposta dall’approccio cognitivo comportamentale classico passa attraverso una prassi clinica specifica che mira a insegnare la possibilità, da parte della persona, di individuare il contenuto irrazionale dei propri pensieri, riconoscerne gli errori di ragionamento per assumere poi delle convinzioni più obiettive e funzionali alla realtà dei fatti, assumendo un punto di vista razionale-probabilistico. Accanto a queste tecniche, definite di “ristrutturazione cognitiva”, il terapeuta propone ulteriori tecniche di matrice comportamentista ( esposizione, rilassamento, tecniche di incremento o riduzione del comportamento ) attraverso cui rendere il repertorio comportamentale della persona più vicino alle sue finalità ed obiettivi. I benefici apportata da queste e altre tecniche sono subito visibili e permettono di migliorare la sintomatologia inziale al punto fino ad una completa remissione. Numerose le agenzie cliniche internazionali e gli studi di efficacia che raccomandano e dimostrano l’utilizzo di tecniche cognitivo comportamentale per la gestione terapeutica delle più comuni forme di disagio psichico. La sua efficacia è pari, e in alcune circostanze superiore, al trattamento farmacologico, specialmente se si utilizza quale criterio di confronto la prevenzione delle ricadute nel tempo e la durata del trattamento. Uno degli aspetti più negativi delle terapie farmacologiche, infatti, riguarda la loro durata nel tempo,agendo quasi esclusivamente sul sintomo sviluppano spesso una forma di dipendenza dal farmaco e la sua assunzione a lungo nel tempo.