I disturbi d’ansia rappresentano le forme di disagio mentale più diffuse e con maggiore possibilità di cronicizzazione nel tempo. Al pari di ogni altra “normale” emozione, l’ ansia è caratterizzata da un pattern di sensazioni-cognizioni- comportamenti tipici delle più comuni forme di
adattamento all’ambiente e alle circostanze che richiedono una gestione efficace e tempestiva. “Reazione di allarme e di preparazione a event e situazioni ritenute pericolosi per il proprio benessere e che producono una reazione soggettiva di stress”.
La sua intensità, e le diverse riposte emotivo/comportamentali varia in base a diversi fattori:
- Vicinanza spazio/temporale percepita dal pericolo;
- Conseguenze che questo potrebbe avere sul proprio benessere o su quello delle persone cui si è legati;
- Percezione della possibilità, più o meno concrete, di fronteggiare il pericolo facendo ricorso alle risorse personali o immediatamente disponibili nell’ambiente;
Molto spesso le conseguenze di una risposta d’ansia sono comportamenti di "evitamento esperienziale”, la persona è portata naturalmente a fuggire dalle circostanze che ritiene essere pericolose adottando strategie quali appunto l’evitamento o la fuga. Uno stile orientato a
lla preoccupazione promuove una visione della realtà in cui dominano la scena specifiche distorsioni cognitive, un processo di attenzione focalizzata, e un ampio e vario repertorio di meccanismi protettivi. Mentre i primi sono il risultato di specifici apprendimenti e quindi fungono da filtro verso la
realtà, le ultime, i meccanismi protettivi, agiscono da meccanismo di mantenimento. Assolvono a questo compito in una duplice modalità. Da una parte rinforzando in modo negativo la riduzione dell'ansia dall'altro contribuendo a consolidare o rimodulare i contesti all'interno dei quali gli stimoli assumono valenza, generano quindi funzione stimolo. In altre circostanze, la sintomatologia ansiosa produce risposte adattive più funzionali ai bisogni della persona, come infatti ci insegna le legge di Yerkes e Dodson (vedi figura), un giusto grado di ansia (non eccessivo e non troppo intenso) permette all’individuo di migliorare le proprie performance nel momento in cui è chiamato a gestire una qualsiasi situazione o compito che richiede il suo impegno nell’immediato futuro o presente. La risposta d’ansia è spesso confusa con la paura. La differenza è molto sottile ma sostanziale. Mentre la risposta d’ansia è dovuta al tentativo di controllare e gestire efficacemente un pericolo futuro, anche prossimo, nel caso della paura l’evento temuto è presente, sta accadendo, la persona è chiamata a gestirlo nell’immediato ed è molto più probabile che in adotti una risposta di fuga. Quando l’evento non è attuale, non sta accadendo adesso, molto spesso la persona non ha urgenza di adottare strategia di fuga “fisica”, in questi casi sono presenti attività di coping mentali (to cope= far fronte al problema), la più comune è il rimuginio , ossia l’attività del discutere, verificare, controllare pensieri ed ogni altra attività mentale si ritenga essere collegata ed utile alla circostanza temuta. Per potere diagnosticare un disturbo d’ansia clinicamente significativo, il DSM 5, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, è necessario accertare la presenza di una sintomatologia eccessiva, persistente (per circa 6 mesi o più) rispetto allo stadio di sviluppo o alla natura dell’evento temuto ed alle sue probabilità che si realizzi in modo concreto.
La sintomatologia più comune, attribuibile a un disturbo d’ansia, comprende una componente fisiologica, cognitiva, comportamentale ed emotiva appunto. Dal punto di vista emotivo, invece, potremmo dire che l’emozione prevalente è appunto la preoccupazione mista, in alcune circostanze, a uno stato di paura e terrore. L’ ansia è uno stato psichico/fisico di preparazione a un’azione di fuga o fronteggiamento del pericolo, Flight or Fight e Freezing. Si presenta di fronte ad eventi ritenuti pericolosi o rilevanti per il proprio benessere e verso i quali si ritiene di non avere le giuste risorse o di non essere sufficientemente pronti. Uno stile orientato alla preoccupazione promuove una visione della realtà in cui dominano la scena specifiche distorsioni cognitive, un processo di attenzione focalizzata, e un ampio e vario repertorio di meccanismi protettivi. Mentre i primi sono il risultato di specifici apprendimenti e quindi fungono da filtro verso la realtà, le ultime, i meccanismi protettivi, agiscono da meccanismo di mantenimento. Assolvono a questo compito in una duplice modalità. Da una parte rinforzando in modo negativo la riduzione dell'ansia dall'altro contribuendo a consolidare o rimodulare i contesti all'interno dei quali gli stimoli assumono valenza, generano quindi funzione stimolo.
E’ importante precisare che, per potere diagnosticare un disturbo d’ansia, al pari di ogni altra forma di disturbo psicologico, la sintomatologia deve incidere in maniera significativa con il benessere della persona, deve essere d’intensità e durata tale da compromettere lo svolgimento e la partecipazione a qualsiasi attività ritenuta significativa ed importante per la persona. Sperimentare sensazioni quali tachicardia, chiusura allo stomaco o sudorazione, la sintomatologia tipica dell’ansia, è qualcosa di normale e molto comune. Una vita senza ansia non è realistica, proviamo ansia quando dobbiamo affrontare un esame importante, quando attendiamo conferma per un posto di lavoro o per gli esiti di un concorso. Siamo in ansia quando nostro figlio non è ancora tornato in casa e questa sensazione ci tiene svegli fino a quando non sarà rincasato, per quanto fastidiose possano essere quelle sensazioni sono comunque utili e sostengono le nostre azioni, ci permettono di agire da genitore responsabile e premuroso, rimanendo vigili ed evitando di cadere in un sonno profondo. In caso contrario, in assenza di uno stato di attivazione ansiosa, non percepiremmo neanche il bisogno di rimanere svegli e attenti. L’ansia in poche parole ci aiuta ad agire in linea con i nostri valori ed obiettivi.
Percepito il pericolo, o l’idea del pericolo, il sistema nervoso attiva una risposta di adattamento che avviene su più livelli, nervoso, fisiologico-emotivo, comportamentale. A livello nervoso il sistema “ simpatico ”, cioè quella parte del cervello che si occupa di gestire i pericoli, rilascia un neurotrasmettitore, l’adrenalina, che ha il compito di regolare l’attività di organi e tessuti. Nel caso di pericoli l’organismo incrementa l’attività di tutti gli organi che possono dare un contributo all’attività di fuga e inibisce quella degli organi e tessuti che, se mantenuti in funzionamento, la rallenterebbero.
-Incremento a livello dell’attività cardiaco-respiratoria;
- Accelerazione del battito cardiaco (tachicardia) e incremento della pressione arteriosa con conseguenti vampate di calore e formicolio agli arti;
- Accelerazione della frequenza respiratoria con conseguente senso di leggerezza alla testa, vertigini, o in alcune circostanze la sensazione di fame d’aria;
- “Fuga di sangue” dalle zone periferiche superiori del corpo, ecco quindi spesso il viso diventa pallido e le braccia danno l’impressione di essersi addormentate;
A livello cognitivo i pensieri si susseguono molto velocemente nella nostra mente, le idee sembrano essere inafferrabili. I contenuti di pensiero sono prevalentemente negativi, in questo modo la nostra mente si prepara ad affrontare gli aspetti più rilevanti della circostanza che sta affrontando, aspetti che dal punto di vista della sopravvivenza hanno di certo la priorità. Attenzione selettiva , la nostra mente coglie con maggiore facilità aspetti legati al problema e ignora ogni altro elemento presente nell’ambiente o legato al problema, ecco che capita spesso di ritrovarsi in macchina a pensare al problema e non ci rendiamo conto che alla radio stanno passando la nostra canzone preferita; Distorsioni cognitive , la mente commette degli errori di ragionamento molto rudimentali, percepiamo una maggiore probabilità che l’evento possa accadere rispetto a quanto non sia realmente, colleghiamo in modo del tutto arbitrario eventi e circostanze tra loro, sviluppiamo nei confronti dei pensieri un atteggiamento poco utile quale per esempio la “fusione con i pensieri” atteggiamento a seguito del quale crediamo che pensare che accada qualcosa equivalga al fatto che accadrà di certo. Convinzioni personali, nelle circostanze in cui è presente una maggiore attivazione fisiologica ed emotiva la mente tende ad attribuire un significato plausibile, ed utile (alla sopravvivenza) agli stessi sintomi, pertanto crede che
qualcosa di brutto sti per accadere, che potrebbe perdere il controllo delle proprie azioni e pensieri, che gli stessi sintomi potrebbero portarlo alla morte.
In linea con la natura conservativa delle reazioni d’ansia, azioni e atteggiamenti conseguenti comprendono risposte quali l’ evitamento, la persona rinuncia a trovarsi in circostanze o situazioni che ritiene essere in grado di far realizzare quanto temuto o che questo si verifichi nel modo peggiore tra quelli possibili (evitare di prendere l’ascensore o di trovarsi in uno spazio aperto); Controlli , la persona verifica che nessuna delle condizioni perché si realizzi il pericolo siano presenti oppure, se i controlli sono a posteriori, si accerta che nulla è andato nel
modo in cui ritiene non debba andare perché il pericolo possa essersi realizzato; Rassicurazioni , la persona ricerca di continuo attenzioni e conferme da parte delle persone a lui vicine o comunque ritenute modelli positivi; utilizzo di ogni possibile espediente possa essere utile per controllare o evitare che si possa verificare un pericolo tra cui misurare pressione arteriosa o battiti cardiaci, verificare il respiro, controllare il sudore alle mani o qualsiasi altra sensazione allo stomaco, non uscire se non in presenza di qualcuno o qualcosa. Tutte queste
strategie sono apprese casualmente o per influenze socio-culturale (il sentito dire), e si mantengono nel tempo grazie ad un meccanismo di rinforzo, in questo caso rinforzo negativo (l’effetto per mezzo del quale un’azione produce la riduzione di uno stato di disagio o malessere). pertanto ogni volta che starò male saprò che so vorrò stare bene dovrò ripetere quel comportamento.
A livello emotivo, la persona che si trova in preda all’ansia sperimenta uno stato di forte apprensione, la preoccupazione spesso si concentra su pensieri automatici negativi che rappresentano una realtà come difficile da gestire e sostenere, non è raro quindi che si vivano emozioni di terrore, paura, e profonda tristezza, legate ognuna al contenuto dei pensieri piuttosto che all’evento vero e proprio. Alcuni dei più comuni e diffusi disturbi d’ansia vengono ampiamente descritti dal DSM 5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali) che ne individua i criteri diagnostici: