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Valori e acceptance! Come gestire dolore e sofferenza!


VALORIE ACCEPTANCE! COME GESTIRE DOLORE E SOFFERENZA?


L’essere umano, come ogni altro essere vivente,è stato programmato da millenni di evoluzione a reagire in modo efficace atutti quegli stimoli e circostanze in grado di produrre dolore e sofferenza.Possediamo una sofisticata struttura biologica che ci permette di individuareall’istante una fonte di dolore; prima ancora che se ne possa essereconsapevoli siamo già in fuga o ci stiamo adoperando perché possa cessare. Traquesti meccanismi sono presenti i riflessi per esempio. Provate a sfiorare unafonte di estremo calore, prima ancora di percepirne la sensazione la vostramano avrà fatto un balzo. Un altro meccanismo molto potente, a disposizione disolo noi esseri umani, è rappresentato dal pensiero e dal linguaggio. Questodialogo interiore, che ci accompagna dalla nascita alla morte, permette a noiesseri umani di adattarci all’ambiente aggirando l’ostacolo comune a quasitutti gli altri esseri umani, il “vincolo dell’esperienza diretta” senza laquale non riusciamo agilmente ad imparare qualcosa dall’ambiente in cuiviviamo.
Attraverso il pensiero, siamo in grado di anticipare eventi che non sono ancoraaccaduti, ricordare e discutere aspetti del passato, comunicare ai nostrisimili la presenza di circostanze pericolose, facendo in modo di poterlegestire senza dovere necessariamente farne esperienza (amico, non andare dietroa quella roccia, ho visto un feroce leone che per poco non mi sbranava),aumentando le probabilità di sopravvivenza. 
Tra le possibilità del pensiero vi è anche quella di osservarci dentro ecogliere le sensazioni che ci accompagnano quotidianamente, tra queste ildolore. Quando facciamo esperienza di sensazioni dolorose, la nostra mente legestisce come nella situazione di quel leone, prova a fuggirne, prova amettersi al riparo. E nel farlo utilizza il mezzo che gli è più congeniale, leparole. Discutiamo di quelle sensazioni, le mettiamo a confronto con le nostreidee e convinzioni (nella vita si deve sempre essere felici, non deve essercidolore) e ne ricaviamo delle ulteriori deduzioni: 

devo fare qualcosa per eliminare, per non provare questo dolore, questasensazione, altrimenti non sarò mai felice.

Vorremmo che ogni forma di dolore, di sofferenza, cessasse al nostro comando eche ad ogni nostro risveglio non ve ne fosse mai più traccia. Vorremmopiuttosto che ogni giorno fosse il più felice e che questa felicità potesseaccompagnarci per sempre. Vorremmo poter controllare, gestire, evitare, ma nelmomento in cui tentiamo di farlo otteniamo il risultato opposto, perché ildolore e le sensazioni si amplificano, e perché agendo in modo tale da non fareaccadere eventi a seguito dei quali potrebbero verificarsi circostanzespiacevoli, e quindi il dolore, rinunciamo a vivere una vita ricca esignificativa generando paradossalmente tristezza e sofferenza. Esistono eventie circostanze che sono totalmente privi di controllo, non possiamo evitare cheaccadano e non possiamo impedire che esse provochino in noi sofferenza. Ildolore fisico oggi è curato da farmaci e terapie molto efficaci, una delusioned’amore può essere alleviata da un’allegra serata tra amici o da una bellasorpresa. Ci sono circostanze, però, in cui il dolore e la sofferenzarappresentano un “vissuto” normale e consueto, esistono malattie croniche perle quali non esiste cura, viviamo separazioni e delusioni per cui nonbasterebbe tutta la cioccolata del mondo ad alleviarne le pene.
Sarebbe semplice allora, dire che la vita, vista da questa prospettiva, nonprometta nulla di buono, che la felicità non arriverà mai come vorremmo, chesiamo destinati a soffrire e provare dolore. Non è utile provare a rispondere aquesta domanda, non almeno nel momento in cui si affrontano nella propria vitacircostanze simili e si fa esperienza del dolore. Non è utile chiedersi perché,per come, come mai a me. 

Immaginate di trovarvi in una buca, di esservi dentro senza che voi lo abbiatescelto e senza che voi aveste potuto evitarlo. Cosa credete sia più utile daquesta posizione? Trovare una risposta alla domanda “perché sono finito quadentro?” o piuttosto capire come fare ad uscirne?

Uscire dalla buca non vuol dire allontanarsene semplicemente, potremmo vederela buca come l’imprevisto che periodicamente accompagna le nostre scelte e lenostre azioni, non possiamo evitarlo. Uscire dalla buca, piuttosto, vuol direindividuare qualcosa di valore, nella nostra vita, per cui valga la penarischiare di trovarsi in quella buca. Vuol dire agire in direzione di qualcosad’ importante, di essenziale, per noi e per le persone che ci stanno intorno,rispondendo alla domanda: 

“Se questo dolore o sofferenza fosse il prezzo da pagare per riuscire araggiungere, sperimentare, quello che per me è importante, ne varrebbe lapena?”

Non è possibile eliminare il dolore, la sofferenza, e gli eventi che lacausano, ma possiamo relazionarci a questo dolore guardandolo in prospettiva aquello che ci permetterebbe di avere in cambio se scegliessimo di agirenonostante lui sia lì.
Vivere in modo felice e significativo non vuol dire assenza totale di dolore mala capacità di agire comunque nonostante esso. 

Agite, se volete, e quando sarete pronti, in direzione di quello che per voi èimportante, agite senza aspettarvi nulla in cambio, perché quando ci muoviamoverso gli aspetti e i valori più importanti della vita non sempre si provapiacere o felicità, anzi spesso è proprio il contrario, le cose belle eimportanti della vita hanno sempre un costo, altrimenti non sarebbero cosiimportanti. 

Vedrete che un giorno, guardandovi intorno, sarete consapevoli del fatto che nesarà valsa la pena!!

 

Salvatore Torregrossa, Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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