Il disturbo ossessivo compulsivo è uno tra i disturbi con il maggiore impatto sul benessere e la qualità della vita della persona che ne soffre. Per via della natura spesso “bizzarra” delle ossessioni e delle compulsioni ad esse legate, risulta anche essere uno tra i disturbi meno accettati da chi ne soffre: non sono rari ossessioni legate al proprio orientamento sessuale, alla possibilità di perdere il controllo e fare del male e qualcuno di vicino e caro, al senso di colpa (deontologico) di poter essere la causa di un disastro o della sofferenza altrui, soprattutto se per negligenza o responsabilità diretta. Le persone con disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) non riescono, nei casi più gravi, a svolgere normalmente un’attività lavorativa o agire in linea con i propri, soprattutto scopi nei contesti più comuni: amicizie, relazioni sentimentali, relazioni parentali, svago e tempo libero. Il 50%delle persone con DOC, per esempio, non riesce a mantenere nel tempo una relazione stabile. La prevalenza del disturbo nel corso della vita è circa del2-2,5%, vale a dire che ogni 100 persone che nascono oggi nel mondo due o tre svilupperanno nell’arco della propria vita un DOC. (Dèttore, 2002; Ravizza etal., 1997).
La prevalenza puntuale nella popolazione generale è circa di 1,5%. Si può supporre, dunque, che inItalia in questo momento ne soffrano circa 800.000 persone. Se ci si concentra sulla popolazione giovanile tra i 15 ed i 18 anni allora la prevalenza puntuale appare aumentare fino al 3% (Mancini, Gragnani, Orazi e Pietrangeli,1999).
Ossessioni e compulsioni
Il disturbo Ossessivo si caratterizza principalmente per la presenza di pensieri, immagini, sensazioni, emozioni e qualsiasi altra esperienza interna (ossessioni) che la persona reputa inaccettabili, intollerabili o pericolose e che innescano un vissuto emotivo molto intenso a seguito di un atteggiamento cognitivo molto particolare e comune che chiamiamo“fusione cognitiva”: questo atteggiamento ci influenza facendo in modo che le perse attribuiscano ai loro contenuti mentali un valore che obiettivamente essi non possiedono, trattandoli come fossero fatti reali e non per quello che realmente sono. Potremmo descrivere la fusione cognitiva attraverso queste espressioni verbali:
“Se lo penso, accadrà”
“Se penso di me di essere una brutta persona lo sono fuori da ogni ragionevole dubbio”
“Se non faccio di tutto per sbarazzarmi di questo pensiero la mia vita non sarà mai felice come la desidero”.
Immaginate se in questo istante, mentre state leggendo questo articolo, la vostra mente vi dicesse che il tetto sopra la vostra testa, o il pavimento sotto i vostri piedi, stia per crollare o sbriciolarsi inesorabilmente. Se a questo pensiero credeste, come credete che esiste tanto altro di concreto nella vostra vita, è molto probabile che comparirebbe uno stato di ansia e probabilmente fareste di tutto per sottrarvi fisicamente al pericolo.
Adesso provate ad immaginare se lo stesso pensiero, piuttosto che descrivere un pericolo esterno descrivesse un pericolo interno a voi, magari inerente la vostra sessualità, la correttezza di una vostra scelta o azione o l’integrità del vostro valore o morale, cosa provereste di conseguenza?
- E se il piacere che ho a passare del tempo con quel mio amico dipende dal fatto che sono omosessuale e non l’ho ancora capito?
- Avrò controllato bene di aver chiuso l’interruttore del condizionatore?
- E se perdo il controllo e facessi del male a qualcuno?
La natura di questi pensieri, clinicamente definiti ossessivi, viene percepita come “ego-distonica”,la persona che ne fa esperienza, in poche parole, li valuta come non congrui con i proprio fini, scopi o valori. Pertanto agiamo numerose strategie (spesso rigide e inflessibili) nel tentativo di sbarazzarci del pericolo o confermare l’integrità del nostro valore.
Come si manifesta
Esistono diverse modalità attraverso cui il disturbo Ossessivo Compulsivo può presentarsi. Ciò che le caratterizza è il nucleo di preoccupazione o pericolo di cui esse sono espressione. Le ossessioni, infatti, rappresentano la parte più superficiale di una organizzazione mentale molto articolata e complessa; al centro vi è uno schema di pericolo, da esso dipende il contenuto delle intrusioni ossessive, la sua funzione è quella di strategia cognitiva che la nostra mente utilizza nel tentativo di esercitarvi un controllo sul pericolo stesso.
Tra le più comuni forme del disturbo vi sono quelle che ruotano attorno al timore di contaminazione o contagio, e di conseguenze le compulsioni di lavaggio ed evitamento, oppure l’intolleranza alla frustrazione e le compulsioni di simmetria, controllo ed accumulo. (Leckmanet al., 1997).
Gli psicologi Hodgsone Rachman (1977) hanno distinto il disturbo ossessivo compulsivo nei seguenti sottotipi:
– Disturbo ossessivo da contaminazione
Timore d’improbabili contaminazioni, molta attenzione è posta a sostanze o altri oggetti ritenuti in grado di potere trasmettere malattie ( urine, feci, sangue e siringhe, carne cruda, persone malate, genitali, sudore, e persino saponi, solventi e detersivi, contenenti sostanze chimiche potenzialmente “dannose” ). Non è necessario che vi sia contatto con queste sostanze, alcune ossessioni possono essere tanto bizzarre da indurre la persona a credere che il contagio possa realizzarsi anche solo con la vicinanza alla sostanza ritenuta pericolosa. In funzione di quest’ ossessione la persona agisce prevalentemente rituali di lavaggio, pulizia, sterilizzazione o disinfezione.
– Disturbo ossessivo compulsivo da perdita di controllo
Le sfaccettature di queste ossessioni si esprimono in ambiti diversi e cambiano in base a chi le sperimenta. All'interno di questa categoria potrebbero presentarsi preoccupazioni legate alla paura di far del male a se stessi o ad altre persone con cui si viene in contatto. Sono comuni le ossessioni di afferrare oggetti contundenti con cui far del male a qualcuno o a se stessi, agire azioni violente quali aggressioni, sia fisiche che sessuali, investire qualcuno con il proprio mezzo. Nell’ ambito della perdita di controllo rientra anche la paura di impazzire e di non essere più in grado di comprendere il significato delle proprie azioni ed atteggiamenti.
- Disturbo ossessivo compulsivo da responsabilità diretta
Sono presenti ossessioni e paure relative alla possibilità di non aver chiuso le porte e le finestre di casa, le portiere della macchina, il rubinetto del gas, armadietto dei medicinali o altri elettrodomestici, non aver investito involontariamente qualcuno con la macchina. Le compulsioni legate a questi tipi di preoccupazione prevedono rituali di controllo mentali, volti a ripassare mentalmente le azioni precedentemente agite, verifiche ambientali e continue richieste di rassicurazioni, tutte agite nell’intento di non far accadere le sciagure e gravi conseguenze che la persona ipotizza possano accadere da una propria mancanza oscarsa attenzione, tale che poi si possa attribuire a se stesso la responsabilità dell’accaduto.
- Ossessioni omosessuali , eterosessuali e pornografiche :
si manifestano sotto forma di idee o immagini ricorrenti a sfondo sessuale e pornografico, oppure sotto forma di dubbio riguardo la propria identità sessuale.
- Disturbo ossessivo compulsivo da ordine e simmetria :
Chi ne soffre presenta una forte intolleranza al fatto che gli oggetti siano posti in modo anche minimamente disordinato o asimmetrico. Arredi ed elementi presenti nel proprio ambiente di vita devono rispettare un ordine specifico, quando ciò non avviene queste persone passano ore del loro tempo a riordinare ed allineare questi oggetti cercando di raggiungere un ordine perfezionistico.
- Altri pensieri ossessivi Pensieri superstiziosi, pensieri ossessivi da accumulo e accaparramento, suoni o motivetti che persistono in mente, perfezionismo, ossessioni per un difetto corporeo (dismorfofobia), ossessioni verso regole morali.
Il disturbo può essere descritto, nelle sue dinamiche, attraverso specifiche fasi.
1. Nella prima fase è presente un evento critico che innesca il pensiero ossessivo. Può trattarsi di un fatto concreto come aver toccato un oggetto o aver detto una frase, oppure un pensiero, fare dei ragionamenti rispetto a eventi e circostanze che hanno un legame con certi valori e aspetti importanti nella nostra vita.
2. Subito il soggetto realizza una valutazione soggettiva di quanto percepito e, nella maggior parte dei casi, ritiene che la minaccia sia reale, incombente, inaccettabile, decide pertanto di attuare una strategia (coping). La minaccia può avere radici diverse: perdita di controllo, contaminazione, responsabilità, ordine-simmetria, etc. Si presenta all’attenzione dell’individuo sotto forma appunto di ossessione.
3. L’atteggiamento di fusione verso i pensieri (ossessioni) attiva un chiaro ed intenso vissuto emotivo di allarme e minaccia: tachicardia, tensione, iperventilazione e senso di pesantezza allo stomaco. Questo vissuto di sofferenza è l’esperienza reale dalla quale tentiamo di fuggire. Ma non essendovi un pericolo o circostanza concreta da fronteggiare (se non l’idea di un problema), per ridurre lo stato di attivazione, agiamo sulle situazioni che potrebbero innescare il problema esercitando una serie di strategie di controllo e comportamenti protettivi;
3. Nella terza parte vi sono le strategie che la persona agisce nel tentativo di fronteggiare la minaccia. Si tratta delle compulsioni, l’insieme di azioni(mentali o concrete) il cui risultato è di ridurre lo stato di tensione emotiva e fisiologica. Queste azioni restituiscono l’idea di aver fatto qualcosa per fronteggiare la minaccia e ridurre il pericolo. Alla base di questo meccanismo vi è il processo di rinforzo negativo mediante il quale la persona tenderà a ripetere nel tempo tutto quello che si è rivelato utile a gestire “efficacemente” una minaccia o problema. Le compulsioni, pertanto, sono apprese e non azioni imposte da una forza o impeto fuori dal nostro controllo:
Tra le compulsioni è possibile distinguere tra azioni preventive (evitamenti, rassicurazioni, controlli) e azioni riparative (compulsioni,verifiche, rassicurazioni, neutralizzazioni):
- Monitoraggi ambientali e compulsioni: controllare rubinetti, interruttori, aperture e chiusure, lavaggio di mani, sanificazione oggetti, disposizione di oggetti nell’ambiente, controllo dei livelli di inquinamento ambientale ed elettrodomestico,
- Tentativo di controllo dei pensieri: attività mentali di rimuginazione, distrazione, evitamento;
- Evitamenti e comportamenti protettivi: evitare luoghi e circostanze ritenute in grado di attivare i vissuti emotivi e le ossessioni, agire rassicurazioni da parte dipersone fidate e/o internet;
4. Nell’ultima fase la persona valuta negativamente la condizione in cui si riconosce. Allo stesso modo, l’insieme di comportamenti e strategie utilizzate nel tentativo di fronteggiare il pericolo limita notevolmente la sua autonomia, ha ripercussioni elevate su ogni ambito della sfera personale compromettendo il benessere personale. La persona si sente sotto assedio e non riesce a venirne fuori.
Aspetti realmente problematici del disturbo ossessivo compulsivo
Il disturbo ossessivo compulsivo rappresenta una condizione estremamente invalidante, ma diversamente da quanto si potrebbe pensare, a rendere la vita difficile a chi ne soffre non è il contenuto dei pensieri ossessivi o la loro stessa presenza, quanto l’insieme di strategie ed atteggiamenti che l’individuo agisce nel tentativo di sbarazzarsene o di evitare il pericolo che essi descrivono: evitamenti, rassicurazioni, monitoraggi ambientali, strategie di problem solving verbali e rimuginazione;
Questo repertorio, definito anche compulsioni, viene agito nel tentativo di esercitare un controllo sulle condizioni di pericolo, e per un brevissimo arco di tempo restituisce uno stato di apparente sollievo, ma consolida lo stesso processo che è alla base del vissuto emotivo che sta dietro alle compulsioni, il rinforzo negativo.
Questo processo, del tutto naturale, è anche il motivo per cui certi pensieri e certe situazioni creano un vissuto emotivo sempre costante che non si riduce nel tempo, è come se apprendessimo la convinzione che l’unico modo di poter affrontare questi pensieri è capirli, ridurli, ascoltarli. A seguito di questo atteggiamento si riducono notevolmente tutte quelle attività importanti che invece potrebbero sostenere l’umore e rendere la vita un luogo ricco di opportunità: attività del tempo libero, relazioni, studio, lavoro famiglia.
E’ proprio per via di questa condizione che il disturbo ossessivo compulsivo diventa invalidante, impoverisce notevolmente la vita e le attività di chi ne soffre, nell’intento paradossale di vivere al sicuro dai pericoli.
Lo scopo della terapia, pertanto, soprattutto degli approcci di natura cognitivo comportamentale di terza generazione (come l’ ACT – Acceptance and CommitmentTherapy) è quello di promuovere la costruzione di un nuovo repertorio di atteggiamenti e comportamenti, più funzionali agli obiettivi e scopi dell’individuo, attraverso l’assunzione di un atteggiamento diverso nei confronti della propria esperienza interna. Tornare a svolgere tutte quelle attività e scelte che la persona rinuncia a svolgere o verso le quali si sente fortemente limitata a seguito dei propri pensieri; interrompere, quindi, quei rituali e strategie che limitano lo svolgimento normale della propria vita. In tal senso, il terapeuta non suggerisce cosa fare, non si pone in condizione direttiva, piuttosto aiuta la persona ad acquisire la consapevolezza che è disponibile un’alternativa e che è possibile agire in tale direzione piuttosto che nelle modalità suggerite dalla nostra mente.
Questo nuovo atteggiamento prende il nome di flessibilità psicologica, la capacità degli individui ad agire concretamente, in sintonia con i propri valori ed obiettivi, nei limiti di quanto il contesto esterno ci offre in quel preciso momento, valorizzando prevalentemente la dimensione del fare anche se dentro di noi sono presenti vissuti, emozioni, pensieri diversi da come vorremmo, rinunciando in quel preciso momento ad agire ogni tentativo di controllo o di evitamento, lasciando piuttosto che tutto quello che emerge, momento per momento, possa anch’esso avere spazio nella nostra vita, non perchè sia bello soffrire o stare male ma perchè il dolore, la sofferenza, le caratteristiche non proprio piacevole di certe emozioni e sensazioni non sono nel nostro controllo ma fanno parte della vita, per noi così come per ogni altro essere umano al mondo.
La flessibilità psicologica che persegue l’ ACT è frutto di un processo in cui il terapeuta“allena” la persona a sviluppare un nuovo atteggiamento nei confronti della propria esperienza interna e lo fa attraverso tecniche e processi specifici quali la mindfulness, metafore, storie ed esercizi esperienziali