Il disturbo da FOBIA SOCIALE è una condizione clinica che negli ultimi anni si sta diffondendo velocemente. Indica un atteggiamento di marcata preoccupazione per le conseguenze derivanti da certi atteggiamenti personali (performance personali, tratti del proprio aspetto fisico, eventi e circostanze della propria storia personale, gruppo o cultura di riferimento, orientamento sessuale), quando questi sono notati dall’ ”altro” con cui potremmo entrare in relazione. Di solito, la persona che vive una simile difficoltà sperimenta una vasta gamma di emozioni (paura, preoccupazione, tristezza, rabbia), tanto intense da rendere difficili le più comuni attività in cui la persona è coinvolta.
Prestando attenzione ai processi che sottendono a questo disturbo, l’Acceptance And Commitment Therapy (ACT) individua alcuni elementi che giocano un ruolo cruciale: da uno stato di FUSIONE con i pensieri, spesso crediamo che il contenuto delle nostre idee sia una fedele descrizione della realtà e come tale vi reagiamo attivando delle strategie concrete.
Svolgiamo assieme questo semplice esercizio:
se in questo momento la vostra mente dovesse suggerirvi che il lampadario sopra la vostra testa stesse per cadervi addosso, quale sarebbe l’azione più concreta che potreste scegliere di agire? Probabilmente scegliereste di alzarvi dalla sedia spostandovi in una zona più sicura della stanza.
Cosa vi ha spinto a farlo? Avete per caso sentito dei rumori provenienti dal lampadario? Avete per caso visto oscillare il lampadario sopra la vostra testa?
Quando siamo FUSI con certi pensieri e convinzioni (“farò una figuraccia”) scegliamo di agire attraverso una modalità definita “AREA DI CONFORT”: adottiamo una serie di strategie e comportamenti che possano metterci al riparo dalla conseguenze temute (COMPORTAMENTI PROTETTIVI, EVITAMENTO ESPERIENZIALE), scegliendo quindi di non parlare in pubblico, di non incontrare quella persona, di non sostenere quell’esame.
Qual è l’effetto prodotto da questa scelta?
Le emozioni e sensazioni, legate a quella circostanza, si ridurranno concedendo uno stato di sollievo.
A quale costo?
Adottando in modo prevalente e costante strategie di evitamento, questo avrà un impatto importante su tutte le altre aree di vita. A rinunciare a espormi in ognuna di queste circostanze stiamo rinunciando, inevitabilmente, a fare esperienza di aspetti altrettanto importanti per la nostra vita: il caffè con un amico, nuove conoscenze, esperienze professionali significative, e chissà quanto altro.
Ognuno di questi aspetti è collegato a vario titolo alla possibilità di vivere la propria vita in modo ricco e significativo. Rinunciarvi, di certo, è uno dei modi più efficaci per vivere una vita povera e priva di opportunità. A farne esperienza, piuttosto, si apre un modo di possibilità, ne vorrei sottolineare alcune:
Fare carriera, conoscere nuove persone, dare valore alle proprie relazioni, e soprattutto, rendersi conto che i contenuti dei nostri pensieri non sempre corrispondono a verità, e che se anche dovessero accadere, se questo fosse il costo per muoversi verso alcuni degli aspetti importanti della propria vita, forse ne varrebbe la pena provare!
A volte, un limite, oltre a farci stare male e soffrire, può anche farci capire qualcosa di utile per noi e per la nostra vita. Nel contesto di un disturbo d’ansia sociale, a fronte di uno stato di intensa sofferenza e apprensione, credo non posso essere tralasciato il valore che guida questo processo.. L’ALTRO, LE NOSTRE RELAZIONI, IL NOSTRO “STARE IN RELAZIONE”.
Per questo valore, soffrire, forse ne vale anche la pena!
Salvatore Torregrossa, Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale San Cataldo Caltanissetta